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Finalmente Domenica !

Vivement Dimanche !

 

Regia: François Truffaut
Soggetto: Charles Williams, dal romanzo "The Long Saturday Night"
Sceneggiatura: Suzanne Schiffman, Jean Aurel, François Truffaut
Fotografia: Néstor Almendros
Musiche: Georges Delerue
Montaggio: Martine Barraqué
Scenografia: Hilton McConnico
Interpreti e personaggi: Fanny Ardant (Barbara Becker), Jean-Louis Trintignant (Julien Vercel), Jean-Pierre Kalfon (Jacques Massoulier), Philippe Laudenbach (Clement), Philippe Morier-Genoud (Commissario Santelli), Jean-Louis Richard (Louison), Caroline Sihol (Marie Christine Vercel), 
Produzione: LES FILMS DU CARROSSE, FILMS A2, SOPROFILMS
Distribuzione: IGOR FILM - L'UNITA' VIDEO
Origine: Francia, 1983
Durata: 111’

 

Il Regista
François Truffaut (1932–1984) è stato un influente regista, critico e sceneggiatore francese, figura chiave della Nouvelle Vague, movimento che rinnovò il cinema negli anni Cinquanta e Sessanta. Dalla critica, con i suoi scritti sui Cahiers du cinéma, passò alla regia, esordendo con I 400 colpi, un film che divenne un manifesto del suo stile, incentrato sull'infanzia e sull'adolescenza. La sua opera, che esplorò vari generi e temi, gli valse riconoscimenti internazionali, tra cui un Oscar per il miglior film straniero con Effetto notte. 

Sinossi
Il trafficone Massoulier viene ucciso durante una battuta di caccia all’anatra con una fucilata in pieno viso. Il principale sospettato è Julien Vercel, amico della vittima che al momento dell’omicidio si trovava a sua volta a caccia nelle vicinanze. Poco dopo, Vercel scopre che sua moglie Marie-Christine gli è stata più volte infedele, e anche la donna viene trovata assassinata. Vercel continua a rivendicare la propria innocenza, ma il commissario Santelli, incaricato delle indagini, è ormai convinto che sia lui il colpevole. Provvidenziale è l’intervento di Barbara, segretaria dell’agenzia immobiliare di Vercel bruscamente licenziata ma comunque decisa ad aiutare il sospettato a scoprire la verità. 

Truffaut e il film
François Truffaut considera il suo ultimo film, Finalmente domenica! (Vivement Dimanche!), come un'opera che racchiude "la vita intera", ispirandosi a una citazione di Alfred Hitchcock, che Truffaut amava molto. Il film è una rilettura personale del noir e della screwball comedy americana, riflessioni intime sulla giovinezza, la vecchiaia e la precarietà della vita, e rappresenta una chiusura del cerchio con il suo primo film, I 400 colpi. 

Le figure femminili nel cinema di Truffaut
Il cinema di François Truffaut è colmo di grandi figure femminili: dalla celebre attrice interpretata da Catherine Deneuve ne L’ultimo metrò, per arrivare a Jeanne Moreau, protagonista del triangolo d’amore più famoso della storia del cinema: Jules e Jim. In questa illustre compagnia non poteva certo mancare Fanny Ardant, vista due anni fa ne La belle époque, conturbante femme fatale di Finalmente domenica!, ultimo lungometraggio diretto da Truffaut che, proprio durante la lavorazione del film, era impegnato con l’attrice, dalla quale ebbe anche una figlia, Josephine, nata nel 1983.

Una rievocazione del noir americano
In Finalmente domenica!, Truffaut cerca anche una vera e propria rievocazione dello stile e delle modalità espressive del noir americano classico, affidandosi al bianco e nero e adottando il passo narrativo, il montaggio, i movimenti di macchina, il commento musicale di un racconto nero d’altri tempi. L’omaggio a Hitchcock si rileva perlopiù nella fisionomia dei protagonisti. La segretaria Barbara, che si dedica anima e corpo alla scoperta della verità, è una nuova incarnazione dell’eroe piccolo e anonimo, tipicamente hitchcockiano, che casualmente si ritrova invischiato in un groviglio misterioso più grande di lui. Investigatrice improvvisata e coraggiosa, sbalzata fuori dalla sua conciliante macchina da scrivere per affrontare avventure e peripezie pericolose. La trama è opportunamente complessa, con mille svolte e colpi di scena che a mano a mano si assommano uno all’altro. Tuttavia, vi è anche un evidente secondo omaggio che rimane più sottotraccia ma comunque ben percepibile: la screwball comedy americana anni Trenta e Quaranta, dove l’intreccio va incontro a una pazza catena di eventi tenuti insieme da un iffuso gusto per l’assurdo e per il paradosso. In parte ciò è altrettanto ascrivibile alla costruzione del racconto, che spazia da un’angusta agenzia immobiliare per passare a Nizza, night club, sale cinematografiche, teatri e prostituzione di strada. C’è posto per tutto, dall’adulterio borghese al giro delle scommesse sui cavalli, a loschi locali notturni gestiti da temibili boss.
(Massimiliano Schiavoni, Quinlan)

La figura maschile per Truffaut
Truffaut ci lascia giocando con la macchina da presa, s'unisce ai bambini de I Quattrocento Colpi che, nell'epilogo, si divertono a calciare il tappo di un obiettivo. Sempre nella parte finale, l'assassino confessa di avere fatto tutto per le "magiche" donne: Truffaut quella magia l'ha fermata su pellicola in una serie di straordinarie soggettive maschili, sovente incantate sulle gambe muliebri (cita e ricita L'Uomo che Amava le Donne). Il plot dell'amato noir è preso a prestito da "Morire d'amore" (1962) di Charles Williams, e gli permette di (ri)sognare il cinema hollywoodiano degli anni quaranta, i duetti fra Myrna Loy e William Powell, la donna fiera e risoluta incarnata da Katherine Hepburn. La figura maschile è sempre vinta dalle proprie debolezze e salvata dall'amore della donna che meglio discerne la verità: in un romanzo Trintignant sarebbe colpevole, nella vita vera, seppur recitata, tutto è più complicato. (Non) Tirate sul Pianista. Fanny Ardant, scaltra, affascinante, intrigante, non dismette gli abiti di scena quando inizia le sue indagini (prova anche a teatro), porta con sé quella finzione necessaria per guadagnare la domenica dell'incontro fatale: la trama è secondaria anche per Truffaut che non si cura dell'inverosimiglianza, dei punti di svolta tirati via, dei colpi di scena appositamente plateali (alla morte della cassiera, la macchina da presa carrella indietro come se riprendesse un palco mobile). L'autore, di questo genere in "nero", ama altri aspetti, formali (da manuale il bianco e nero, il gioco di luci, il taglio delle inquadrature) e attenti alle alchimie fra i personaggi. Peccato che, infine, la cronaca dei fatti prenda molto più spazio all'analisi di queste ultime, lasciando a bocca asciutta. Complici in amore più che in delitto, i due protagonisti per un solo istante (auto)riflettono sulla vita ed il suo romanzo, davanti ad una splendida veduta della metropoli.
(Niccolò Rangoni Machiavelli, Spietati)

Ironia e scioltezza
Benedetta dall'ironia e da un'invidiabile scioltezza di registro, questa commedia investigativa di false piste e raggiri, di equivoci e smaccate prevedibilità, prende quota più nei vuoti che nei pieni, più nelle sospensioni che nelle certezze: tra gli altri, si pensi al momento bellissimo in cui Barbara bacia Julian, come ha visto fare al cinema, per nascondersi agli occhi della polizia. Non è certo la soluzione dell'enigma ad interessare Truffaut, che arriva a toccare esiti di aperta comicità quando il cerchio si chiude sul colpevole, ma la costruzione, anche disattenta, volutamente lacunosa, di un intrigo sul quale sovrapporre l'ennesima schermaglia tra uomo e donna.
È soprattutto un film costruito intorno al corpo di Fanny Ardant, all'epoca compagna del regista, che assomma in sé la sofisticatezza delle dive del grande cinema americano con un sex appeal e una determinazione molto francesi. L'idea di tornare al thriller venne al regista vedendola nei giornalieri di La signora della porta accanto, il suo film precedente: «Si proiettava una scena notturna in cui Fanny Ardant fa il giro della casa in impermeabile. Qualcuno ha commentato: "è un'atmosfera da film giallo". Effettivamente, Fanny Ardant aveva l'aria di un eroina di film giallo»
(Marco Chiani, MyMovies)

 

(scheda a cura di Paolo Filauro)




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