Il  Regista  
                  François  Truffaut (1932–1984) è stato un influente regista, critico e sceneggiatore  francese, figura chiave della Nouvelle Vague, movimento che rinnovò il cinema  negli anni Cinquanta e Sessanta. Dalla critica, con i suoi scritti  sui Cahiers du cinéma, passò alla regia,  esordendo con I 400 colpi, un film  che divenne un manifesto del suo stile, incentrato sull'infanzia e sull'adolescenza. La sua opera, che esplorò vari generi e  temi, gli valse riconoscimenti internazionali, tra cui un Oscar per il miglior  film straniero con Effetto notte.                    Sinossi 
Il trafficone  Massoulier viene ucciso durante una battuta di caccia all’anatra con una  fucilata in pieno viso. Il principale sospettato è Julien Vercel, amico della  vittima che al momento dell’omicidio si trovava a sua volta a caccia nelle  vicinanze. Poco dopo, Vercel scopre che sua moglie Marie-Christine gli è stata  più volte infedele, e anche la donna viene trovata assassinata. Vercel continua  a rivendicare la propria innocenza, ma il commissario Santelli, incaricato  delle indagini, è ormai convinto che sia lui il colpevole. Provvidenziale è  l’intervento di Barbara, segretaria dell’agenzia immobiliare di Vercel  bruscamente licenziata ma comunque decisa ad aiutare il sospettato a scoprire  la verità.  
                  Truffaut  e il film 
                    François  Truffaut considera il suo ultimo film, Finalmente domenica! (Vivement  Dimanche!), come un'opera che racchiude "la vita intera",  ispirandosi a una citazione di Alfred Hitchcock, che  Truffaut amava molto. Il film è una rilettura personale del noir e  della screwball comedy americana, riflessioni intime sulla  giovinezza, la vecchiaia e la precarietà della vita, e rappresenta una chiusura  del cerchio con il suo primo film, I 400 colpi.  
                  Le figure  femminili nel cinema di Truffaut  
                    Il cinema di François  Truffaut è colmo di grandi figure femminili: dalla celebre attrice interpretata  da Catherine Deneuve ne L’ultimo  metrò, per arrivare a Jeanne Moreau, protagonista del triangolo  d’amore più famoso della storia del cinema: Jules e Jim. In questa illustre compagnia non  poteva certo mancare Fanny Ardant, vista due anni fa ne La belle époque, conturbante femme fatale di Finalmente domenica!, ultimo  lungometraggio diretto da Truffaut che, proprio durante la lavorazione del  film, era impegnato con l’attrice, dalla quale ebbe anche una figlia,  Josephine, nata nel 1983.  
                  Una  rievocazione del noir americano 
                    In Finalmente  domenica!, Truffaut cerca anche una vera e propria  rievocazione dello stile e delle modalità espressive del noir americano classico,  affidandosi al bianco e nero e adottando il passo narrativo, il montaggio, i  movimenti di macchina, il commento musicale di un racconto nero d’altri tempi.  L’omaggio a Hitchcock si rileva perlopiù nella fisionomia dei protagonisti. La  segretaria Barbara, che si dedica anima e corpo alla scoperta della verità, è  una nuova incarnazione dell’eroe piccolo e anonimo, tipicamente hitchcockiano,  che casualmente si ritrova invischiato in un groviglio misterioso più grande di  lui. Investigatrice improvvisata e coraggiosa,  sbalzata fuori dalla sua  conciliante macchina da scrivere per affrontare avventure e peripezie  pericolose. La trama è opportunamente complessa, con mille svolte e colpi di  scena che a mano a mano si assommano uno all’altro. Tuttavia, vi è anche un  evidente secondo omaggio che rimane più sottotraccia ma comunque ben  percepibile: la screwball  comedy americana anni Trenta e Quaranta, dove l’intreccio va  incontro a una pazza catena di eventi tenuti insieme da un iffuso gusto per  l’assurdo e per il paradosso. In parte ciò è altrettanto ascrivibile alla  costruzione del racconto, che spazia da un’angusta agenzia immobiliare per  passare a Nizza, night club, sale cinematografiche, teatri e prostituzione di  strada. C’è posto per tutto, dall’adulterio borghese al giro delle scommesse  sui cavalli, a loschi locali notturni gestiti da temibili boss.  
                    (Massimiliano Schiavoni, Quinlan)  
                  La figura maschile per Truffaut  
                    Truffaut  ci lascia giocando con la macchina da presa, s'unisce ai bambini de I Quattrocento Colpi che,  nell'epilogo, si divertono a calciare il tappo di un obiettivo. Sempre nella  parte finale, l'assassino confessa di avere fatto tutto per le  "magiche" donne: Truffaut quella magia l'ha fermata su pellicola in  una serie di straordinarie soggettive maschili, sovente incantate sulle gambe  muliebri (cita e ricita L'Uomo che Amava le Donne). Il  plot dell'amato noir è preso a prestito da "Morire d'amore" (1962) di  Charles Williams, e gli permette di (ri)sognare il cinema hollywoodiano degli  anni quaranta, i duetti fra Myrna Loy e William Powell, la donna fiera e  risoluta incarnata da Katherine Hepburn. La figura maschile è sempre vinta  dalle proprie debolezze e salvata dall'amore della donna che meglio discerne la  verità: in un  romanzo Trintignant sarebbe colpevole, nella vita vera, seppur  recitata, tutto è più complicato. (Non) Tirate sul Pianista. Fanny  Ardant, scaltra, affascinante, intrigante, non dismette gli abiti di scena  quando inizia le sue indagini (prova anche a teatro), porta con sé quella  finzione necessaria per guadagnare la domenica dell'incontro fatale: la trama è  secondaria anche per Truffaut che non si cura dell'inverosimiglianza, dei punti  di svolta tirati via, dei colpi di scena appositamente plateali (alla morte  della cassiera, la macchina da presa carrella indietro come se riprendesse un  palco mobile). L'autore, di questo genere in "nero", ama altri  aspetti, formali (da manuale il bianco e nero, il gioco di luci, il taglio  delle inquadrature) e attenti alle alchimie fra i personaggi. Peccato che,  infine, la cronaca dei fatti prenda molto più spazio all'analisi di queste  ultime, lasciando a bocca asciutta. Complici in amore più che in delitto, i due  protagonisti per un solo istante (auto)riflettono sulla vita ed il suo romanzo,  davanti ad una splendida veduta della metropoli. 
  (Niccolò  Rangoni Machiavelli, Spietati) 
                  Ironia e  scioltezza  
                    Benedetta  dall'ironia e da un'invidiabile scioltezza di registro, questa commedia  investigativa di false piste e raggiri, di equivoci e smaccate prevedibilità,  prende quota più nei vuoti che nei pieni, più nelle sospensioni che nelle  certezze: tra gli  altri, si pensi al momento bellissimo in cui Barbara bacia  Julian, come ha visto fare al cinema, per nascondersi agli occhi della polizia.  Non è certo la soluzione dell'enigma ad interessare Truffaut, che arriva a  toccare esiti di aperta comicità quando il cerchio si chiude sul colpevole, ma  la costruzione, anche disattenta, volutamente lacunosa, di un intrigo sul quale  sovrapporre l'ennesima schermaglia tra uomo e donna. 
  È soprattutto un film costruito intorno al corpo di Fanny Ardant, all'epoca  compagna del regista, che assomma in sé la sofisticatezza delle dive del grande  cinema americano con un sex appeal e una determinazione molto francesi. L'idea  di tornare al thriller venne al regista vedendola nei giornalieri di La signora della porta accanto, il suo  film precedente: «Si proiettava una scena notturna in cui Fanny Ardant fa il  giro della casa in impermeabile. Qualcuno ha commentato: "è un'atmosfera  da film giallo". Effettivamente, Fanny Ardant aveva l'aria di un eroina di  film giallo»  
  (Marco  Chiani, MyMovies) 
                    
                  (scheda a  cura di Paolo Filauro)                    |