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Fuga in Normandia

(The Great Escaper)

Regia: Oliver Parker
Sceneggiatura: Christopher Ross, William Ivory

Interpreti :  Michael Caine, Glenda Jackson, Daniel Hayde, Ann Queensberry, Danielle Vitalis, Jackie Clune, Victor Oshin, Brennan Reece, John Standing, Laura Marcus

Fotografia:  Graeme Dalling
Montaggio: Myles Olofin
Musiche : Paul Tothill
Distribuzione: Lucky Red
Origine:  Gran Bretagna, USA, 2023
Durata: 96 min

Il Regista
Nato a Londra il 6 Settembre 1960, è figlio dell'uomo d'affari Sir Peter Parker e della scrittrice Lady Gillian, ha un fratello, Nathaniel Parker, che è un attore attivo nel cinema del Regno Unito.
Ha debuttato nella cinematografia nel 1995, dirigendo l'adattamento cinematografico del classico letterario Otello di William Shakespeare con Kenneth Branagh nel ruolo di Iago.
La Filmografia:
Othello (1995), Un marito ideale (An Ideal Husband) (1999), L'importanza di chiamarsi Ernest (The Importance of Being Earnest) (2002), Fade to Black (2006), I Really Hate My Job (2007),  St. Trinian's (2007)
Dorian Gray (2009),  Johnny English - La rinascita (Johnny English Reborn) (2011)
L'esercito di papà (Dad's Army) (2016)
Fuga in Normandia (The Great Escaper) (2023)

Sinossi
Dover, 2014. Bernie Jordan ha quasi novant’anni e un grande sogno: quello di partecipare al 70esimo anniversario dello Sbarco in Normandia, l’evento storico cui l’uomo ha partecipato come giovane recluta in Marina il 6 giugno del 1944. Irene detta Rene, sua moglie da 70 anni, è malata e ricoverata in una casa di cura dove anche Bernie ha deciso di trasferirsi per non stare lontano da lei, anche se lui è ancora abbastanza autonomo e indipendente. Quando scopre di essere arrivato troppo tardi per prenotare il viaggio organizzato dai reduci di Dover intenzionati a partecipare alle celebrazioni del D-Day, Bernie decide di partire da solo, con il benestare di Rene che non avverte il personale della casa di cura affinché non impedisca al marito di realizzare il suo sogno. Durante il viaggio Bernie farà amicizia con un ex combattente della Royal Air Force, anche lui reduce dello Sbarco, ed entrambi si confronteranno con i fantasmi del loro passato militare.

Una storia vera

Fuga in Normandia è basato sulla vera storia di Bernie Jordan noto ai media con il soprannome di “il grande fuggitivo” per quella sua iniziativa spericolata, a quasi novant’anni. Il regista Oliver Parker ha voluto raccontare quella vicenda senza inutili sentimentalismi, creando una storia asciutta e rigorosa che non mette mai in ridicolo gli anziani e non pigia mai l’acceleratore sul patetismo. Ciononostante Fuga in Normandia è un film struggente che parla del ricordo, e di quelle guerre i cui reduci poi hanno cercato per tutta la vita di rimuovere la dolorosa memoria. Soprattutto il film parla del senso di colpa che molti militari hanno provato per non essere riusciti a salvare un compagno o a indirizzare meglio le loro pallottole. E parla dell’amore pluridecennale fra due anziani che non hanno mai smesso di provare passione e intimità.

Per interpretare questa storia delicata e profonda ci volevano due interpreti straordinari, e Parker li ha trovati in Michael Caine e Glenda Jackson, lui al suo ultimo ruolo prima del ritiro dalle scene, lei al suo ruolo finale prima della scomparsa nel 2023. Entrambi sono credibili e amabili nei panni di Bernie e Rene, una coppia piena di ironia e di saggezza, ancora pronta a mettersi in gioco, nonostante gli acciacchi. Allo stesso tempo nessuno dei due assume atteggiamenti stupidamente giovanilistici, né alcuno di quei vezzi narcisistici che spesso caratterizzano le star del cinema nella terza età, e che comportano l’uso di filtri, trucchi e dosi massicce di chirurgia plastica. Caine e Jackson sono due bellissimi vecchi, fieri di come sono arrivati (insieme) alla loro veneranda età e della loro magistrale esperienza di attori. ( My Movies.it)

Tramonti porpora ed albe magenta. Banchi cirrosi che screziano di bianco lattiginoso orizzonti che si perdono a vista d’occhio. Note di pianoforte che sembrano andare ramengo ma in realtà stanno toccando tutte le corde ascensionali (del cuore). Veterani dello schermo che interpretano coevi reduci di guerra come se ogni ruga fosse un frego di questa loro doppia carriera. Due coniugi che hanno vissuto più di 60 anni del loro matrimonio all’apparenza comune ma che in realtà sono ancora in qualche modo toccati dal dramma più profondo del Novecento occidentale.
Parker non si scosta quasi mai dalle profonde rughe dei loro visi, dalle riprese dei loro passi malfermi che nemmeno i deambulatori riescono a lenire e dall’ascolto degli scambi da screwball comedy che i due si scambiano pur con qualche inevitabile biascichio. Fuga in Normandia è allora un film che insiste fortemente ma con pudore sulle rovine fisiche dei suoi due protagonisti come unico corollario possibile alle analoghi distruzioni storiche che questa vicenda inevitabilmente rievoca. Il senso di colpa di Jordan e soprattutto di Arthur, l’anziano ex- soldato che pur continuando a vomitare come un ragazzino non riesce a perdonarsi per aver probabilmente ucciso il fratello in un raid compiuto durante la guerra, sono infatti precisi e, per una volta, giustamente marchiani moniti verso alcuni degli innumerevoli orrori che una guerra totale comporta.

Parker non compie nulla di rivoluzionario né tantomeno di originale in questa denuncia che muove lateralmente all’ultimo e forse più importante viaggio di formazione di Bernie Jordan. Il dolly sulle salme che, alzandosi, rivela la vastità delle migliaia di caduti in un singolo attacco o l’inevasa richiesta del suo commilitone che troverà requie soltanto in questo ultimo raduno, sono modi classicissimi ma commoventi di non accettare la presente tendenza a riamarsi in vista di un conflitto che purtroppo torna ad apparire come svolta ineludibile di tensioni politiche.
Racconto sentimentale ed allo stesso tempo retorico, Fuga in Normandia riesce quasi miracolosamente a far ricorso al bagagliaio tecnico di entrambi i generi – flashback anticipati dal dettaglio degli occhi che si stringono nello sforzo della rievocazione, primi piani intensi a conferma dei momenti più significativi, la sofferenza evocata ma mai realmente mostrata – riuscendosi comunque a fermare sempre un attimo prima del preventivabile crollo per eccesso di materiale lacrimoso.
(Mario Turco , Sentieri Selvaggi.it, 18 Giugno 2024)

The Great Escaper, vale a dire “Il grande fuggitivo”, è il titolo originale trasformato poi per la distribuzione italiana in Fuga in Normandia, che punta l’accento sulla geografia della fuga, sull’obiettivo che deve raggiungere colui che è scappato. Una scelta logica, e su cui non vale la pena soffermarsi, quella compiuta da Lucky Red. È però comunque interessante soffermarsi sul titolo inglese, che da un lato gioca con i classici dell’escapismo – quasi che il personaggio dell’anziano Bernard Jordan fosse una versione aggiornata e corretta del mitologico e mitizzato Steve McQueen –, e dall’altro sembra quasi indicare il potere assoluto del cinema di fuggire dalle regole stesse della vita, e dalla di lei caducità. Quando il 20 settembre 2023 al BFI Southbank di Londra si è svolta l’anteprima mondiale del film, infatti, Glenda Jackson (che nel film interpreta Irene Jordan, la moglie di Bernard) era morta ottantasettenne da oramai tre mesi, apparendo dunque in scena per l’ultima volta ad appena due anni di distanza da quel Secret Love di Eva Husson che aveva segnato il ritorno davanti alla macchina da presa per l’attrice a oltre trent’anni da Il re del vento di Peter Duffell. L’anziana Jackson è eternamente lì, accanto a un Michael Caine che oltrepassati i novant’anni a sua volta ha detto basta con la recitazione, in attesa dell’ineluttabile: eppure per l’appunto sono entrambi lì, per sempre reduci, un po’ come i personaggi che devono interpretare in Fuga in Normandia e che partono da connotati “reali”.

Certo, difficile non avvertire un pesante groppo in gola di fronte a determinate sequenze, ancor di più quando ad apparire in scena sono veri sopravvissuti all’orribile giornata di battaglia in riva al mare, sulle coste francesi, ma si tratta comunque di una scelta narrativa semplice, così come quel finale strappalacrime che non può che essere messo in scena così, o per meglio dire viene in automatico istintivo immaginarsi così (e di nuovo si torna alla prevedibilità della regia di Oliver Parker, carneade sessantatreenne che sembrò emergere come novello Kenneth Branagh all’epoca dell’esordio Othello, trista revisione del testo shakespeariano cui prese parte proprio Branagh nei panni di Iago, prima di finire nel dimenticatoio). Un cinema borghese, conciliante anche se non privo di amarezze, quotidiano come le storie che ambisce raccontare. Lo scarto lo dà però il cinema/vita, e non il cinema che imita la vita, e quindi anche questo altresì anodino Fuga in Normandia trova una sua naturale ragion d’essere, un punto che morde il cuore e sospinge in alto la melanconia.
(www.Qinlan.it,03/07/2024 ,Raffaele Meale)

 Si muove in maniera dolce e dolente su due piani temporali, il 2014 e il 1944 (in flashback), toccando una molteplicità di temi. Anzitutto c’è la custodia della memoria comune, con la denuncia di tutte quelle giovani vite spezzate dalla guerra, richiamando anche il valore e il sacrificio militare. Due, in particolare, i momenti toccanti: il primo è l’incontro di Bernie con altri veterani di guerra di origini tedesche, una breve sequenza carica di pathos giocata sul dialogo e la ricerca della comprensione, riconciliazione; il secondo, è la visita di Bernie al cimitero dei caduti. Lì, davanti alle tante, troppe, lapidi bianche, giunge il vibrante il grido strozzato di Bernie, che si domanda il senso di quello spreco di vite innocenti. A questo si lega poi uno sguardo acuto e delicato sulla condizione della terza età, l’esistenza di due anziani sulla soglia dei novant’anni che si preparano a danzare l’ultimo valzer insieme, prima che il sipario cali. Un tempo intessuto di ricordi, tenerezze e confidenze, mai adombrato dalla paura della morte o del dolore, solamente dal timore del distacco dopo 70 anni trascorsi fianco a fianco. Pagine dense di grazia e sentimento, che non lasciano indifferenti. Un film intessuto di valore civile e tenerezza, un’elegia della vita nell’ultimo battito d’ali, affrontata con coraggio e fiducia, consapevoli di aver vissuto in pienezza. Con gratitudine. Un racconto brillante e raffinato, secondo i canoni narrativi del cinema inglese. Consigliabile e molto poetico.
(Commissione Nazionale Valutazione Film, Conferenza Episcopale Italiana)

Scheda a cura di Stefano Bona




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