La Regista  
                    Maura Delpero nasce a Bolzano il 3 ottobre 1975.  Studia lettere all'Università di Bologna ed a  quella di Parigi-Sorbona nonché drammaturgia a Buenos Aires. Dopo gli studi insegna italiano in alcune  scuole superiori di Bologna. Agli inizi degli anni duemila, dopo aver lavorato come  assistente al suono in Bangladesh per il film Le ferie di Licu, firma la  sua prima regia nel 2005 con il mediometraggio documentario Moglie e buoi  dei paesi tuoi.  Four tracks from Ossigeno, cortometraggio sullo spettacolo Ossigeno del Teatrino Clandestino, è finalista al Premio Riccione TTV 2008. Il suo primo lungometraggio, il  documentario Signori professori vince il premio UCCA-Venti Città e il  premio Avanti! al ventiseiesimo Torino Film Festival. Nel 2010 la sceneggiatura  del mediometraggio Nadea e Sveta riceve la menzione speciale al Premio  Solinas. Il film vince il Premio Cipputi al trentesimo Torino Film Festival e  viene nominato nella cinquina finalista dei David di Donatello 2013. Hogar, Il suo progetto per un lungometraggio di finzione di  coproduzione italo-argentina, è uno dei dieci selezionati per la Script Station  della Berlinale 2015. Il film è stato presentato con il titolo Maternal nella Competizione Internazionale del 72.  Locarno Film Festival, dove ha vinto quattro premi.      È stato acquistato da diversi Paesi tra  cui USA, Germania, Argentina e Francia dove, alla sua uscita, è stato nominato  dalla stampa     “Miglior film della settimana”. Nel 2020 Kering e il Festival di Cannes  assegnano alla regista il Women in Motion Young Talent Award. Nel 2024, all'81ª  Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, ha vinto il Gran  premio della giuria per il film Vermiglio di cui il 24 settembre dello  stesso anno viene candidato per rappresentare l'Italia ai Premi Oscar del 2025  
                    Sinossi  
                      Lucia, Ada e Flavia  sono le tre figlie femmine della famiglia Graziadei che ha contato dieci  nascite, non tutte purtroppo andate a buon fine, come succedeva nell'Italia  rurale all'epoca della Seconda Guerra Mondiale. I Graziadei vivono nella  frazione trentina di Vermiglio, in una casetta in mezzo ai campi e alla neve  dei lunghi inverni di montagna. Il capofamiglia è un maestro elementare che si  sforza di insegnare ai suoi studenti non solo ad esprimersi in un italiano  corretto invece del dialetto che tutti (compresi i Graziadei) parlano a casa,  ma anche ad aspirare a qualcosa di più bello e più alto della fatica  quotidiana. Quando i Graziadei ospitano un soldato siciliano che ha disertato  l'esercito si innesca una reazione a catena che l'unità famigliare dovrà  gestire, e che si svilupperà lungo le quattro stagioni dell'ultimo anno di  guerra. 
                    Un microcosmo  
Delpero e i suoi personaggi (si) raccontano  con la calma e l'apparente semplicità di un tempo e uno schema di relazioni  domestiche ben codificate dal costume sociale e dall'abitudine, ma sempre in  procinto di aprire il fianco al nuovo, e non sempre al meglio. Così Lucia, la  bella figlia maggiore dei Graziadei, catturerà le attenzioni di Pietro il disertore,  Ada cercherà di controllare pulsioni sessuali segrete che la indirizzano verso  Virginia, la ribelle di Vermiglio, e Dino, il figlio maggiore osteggiato dal  padre, alternerà la dolcezza verso i fratelli e la madre allo scarso impegno a  scuola e alla propensione ad affogare le sue frustrazioni nel vino. Quello che  Delpero descrive è un piccolo mondo antico ancora riconoscibile ma già lontano  nella sua gentilezza, nel suo calore famigliare e  nell'afflato educativo del  padre, pur condito di eccessiva severità e di quel pragmatismo che gli fa  escludere dal proseguimento degli studi Ada, volenterosa ma non “portata".  Delpero sa sempre dove posizionare la cinepresa per catturare in modo pudico e  olistico la vita di questo microcosmo domestico e agreste, ottenendo da tutti  gli interpreti (sotto il coaching sapiente di Alessia Barela), compresi i  bambini più piccoli, recitazioni spontanee e profondamente credibili (un unicum  nel cinema italiano contemporaneo), e uniformando la maggiore esperienza di  Tommaso Ragno (efficacissimo nel ruolo del padre) o Sara Serraiocco con quella  del resto di un cast scovato fra le montagne del Trentino Alto Adige. […].  Ognuno a Vermiglio "ha bisogno del suo cielo" anche quando le  circostanze non sembrano dargliene diritto, e cerca un po' di "cibo per  l'anima", che sia un disco o un mazzo di fiori, un bacio rubato o uno  sguardo carico di desiderio; ognuno incontra ostacoli e dinieghi ingiusti; […]  Delpero restituisce centralità ai corpi e ad una sessualità che sfugge al controllo  sociale e che si esprime soprattutto attraverso le donne, anche se gli uomini  restano "il timone del carro". E agli spettatori riserva il  privilegio di seguire passo passo il suo racconto, assaporandone il gusto e  annusandone gli odori, godendosi la musicalità di un dialetto montanaro e i  suoi vocaboli desueti, il calore di una tazza di latte fra due mani giunte o di  tanti corpi giovani assembrati in una sola stanza e un letto, anche  posizionandosi testa e piedi. (Paola Casella, mymovies.com, 2 settembre  2024)  
                    Storia familiare in chiaroscuro  
                      Rappresentando il passato senza ricorrere  a stereotipi o impartire facili morali, Delpero ricostruisce una storia  familiare con personaggi in chiaroscuro, in cui nessuno sconto viene fatto alla  cultura tradizionale. Lo fa attingendo ai racconti della sua famiglia e ad  alcuni ricordi d    ’infanzia, ma anche tramite una ricerca storica e  antropologica sulle culture popolari, la cui accuratezza emerge chiaramente nel  corso del film. […] Descrivendo il  proprio processo creativo, Delpero fa  riferimento alla capacità di     “mettersi in ascolto del proprio inconscio”  e alla potenzialità della cinematografia, strumento quasi onirico, di far  emergere quegli aspetti dell    ’incosciente che altrimenti non passerebbero il filtro della  razionalità. Un    ’affermazione che solo in apparenza cozza con il risultato di  una pellicola meditata in ogni dettaglio: sonoro, visivo, di sceneggiatura e di  recitazione. Tutti gli strumenti sono piegati a costruire una poetica della  presenza, che fa sprofondare lo spettatore nello spazio e nel tempo di casa  Graziadei. E se è vero che le percezioni uditive agiscono sulla nostra psiche  in maniera più profonda e istintiva rispetto alle immagini, non stupisce che la  regista abbia lavorato con grande cura proprio sul sonoro. Nell    ’epifania della  vecchia Vermiglio, prima delle immagini, arrivano infatti i rumori. La prima  sequenza si apre con un respiro pesante, uno scroscio ritmico e uno chiocciare  di galline. Solo successivamente compare una giovane donna che munge una vacca.  La camera da presa si sposta sul viso di lei, che ci appare di scorcio,  vicinissimo alla pancia dell    ’animale. Lo scroscio proviene dalla cascata di latte nel  mastello. A questa stalla manca solo l    ’odore: per il resto percepiamo in pieno quella  promiscuità tra uomo e animale che era vita quotidiana per i nostri bisnonni e  che oggi ci appare tanto lontana.(Maria Scermino, doppiozero.com, 10  ottobre 2024) 
                    Campi di battaglia  
                      Secondo film italiano in concorso, Vermiglio di Maura Delpero in qualche modo parte dalla stessa posizione di Campo di battaglia raccontando le conseguenze della guerra - in questo caso la  Seconda guerra mondiale - all'interno di un nucleo ristretto di persone. Se nel  film di Gianni Amelio il conflitto veniva narrato dalla prospettiva dei  militari ricoverati in un ospedale del nord-est, Vermiglio adotta  lo stesso criterio, spostando però lo sguardo in uno spazio altrettanto chiuso  ma rappresentativo della società civile, con il titolo del film che  riprende il  nome del paese montano in cui si svolgono i fatti raccontanti dalla regista  bolzanina. […], Vermiglio sposta il suo interesse sui meccanismi che  regolano i rapporti interpersonali tra la gente del paese e all'interno di una  delle sue famiglie al fine di mostrare quanto la sovrastruttura vigente,  costituita dall'insieme di abitudini e tradizioni sociali e religiose, finisca  per avere il sopravvento sui comportamenti naturali dell'essere umano e,  soprattutto, sulla sua dimensione sentimentale e affettiva. Da una parte c'è la  scuola e, dunque, la fiducia sulle sorti normali e progressive che il maestro,  interpretato magnificamente da Tommaso Ragno, porta avanti come una vera e  propria missione; dall    ’altra, attraverso l    ’esperienza della moglie e dei numerosi figli che compongono la  sua famiglia, vi sono le credenze (soprattutto religiose), con la  superstizione, i riti e le leggi non scritte destabilizzate dalle conseguenze  del matrimonio tra Lucia e Pietro, destinato, per gli esiti che lo spettatore  avrà modo di vedere, a far saltare il banco portando alla luce le radici di una  società iniqua quando si tratta di distribuire eguali diritti tra uomini e  donne. (Carlo Cerofolini, ondacinema.it, 2 settembre 2014) 
   
                    (Scheda a cura  di Mathias Balbi) 
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